Il primo degli indicatori da seguire durante la fase 2
I dati della Protezione Civile non sono esattamente l'ideale per seguire l'andamento dell'epidemia nella così detta fase 2, ma con un po' di attenzione si riesce a trovare qualche indicatore interessante.
Una dashboard per monitorare la fase 2 che sembra piacere è quella della fondazione GIMBE che ha un bel grafico con una sorta di riassunto della situazione per regione.
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Ma quando, su richiesta di un amico, l'ho analizzato più nel dettaglio sono stato sorpreso dal fatto che nessuno dei due parametri mi sembri particolarmente interessante, e ho iniziato a lavorare sulla mia personale dashboard per la fase 2.
Partiamo dall'assunto che i "casi confermati" continuano a non essere coerenti con la severità e mortalità registrati per il COVID-19 in ambienti chiusi e meglio controllati. Il numero reale di persone che sono tutt'ora contagiose è probabilmente un ordine di grandezza superiore a circa 85 mila "casi confermati" attuali, quindi qualsiasi indicatore basato su questo dato sembra destinato ad essere più sensibile alle modalità per fare i tamponi che all'effettivo andamento dell'epidemia.
Fortunatamente, nelle ultime settimane il Dipartimento della Protezione Civile oltre ai famigerati "casi confermati" ha iniziato a distribuire anche i dati sui tamponi effettuati e sul numero di persone sottoposte a tampone. I due numeri differiscono perché le persone che risultano positive in genere sono sottoposte a almeno a tre test in vari tempi, uno per confermare la diagnosi di COVID-19 e almeno due per confermarne la guarigione, ma spesso di più se i test risultano positivi.
E ecco qui il primo indicatore che mi interessa: il numero di nuovi positivi individuati ogni giorno diviso il numero di tamponi analizzati nello stesso giorno. L'indicatore dovrebbe dirci quanto impegno ci vuole per individuare un caso positivo e l'idea è che più sia facile trovare un caso, più il virus è diffuso nella popolazione.
Non è detto che i due dati siano confrontabili temporalmente a causa di ritardi anche sistematici nella comunicazione, ma questo è quello che abbiamo, ci passiamo una media mobile di 7 giorni e vediamo se sembra utile.
Per iniziare vediamo come costruire questo indicatore per le prime tre regioni colpite da COVID-19 Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, e vediamo cosa ci dice sulle rispettive strategie.
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Fino a intorno al 20-25 Marzo i numero di persone identificate ogni giorno come positive al SARS-CoV-2 è aumentato in tutte e tre le regioni fino a oltre 2 mila in Lombardia e diverse centinaia in Emilia-Romagna e Veneto. Poi i numeri sono iniziati a scendere fino a poche decine, tranne in Lombardia dove tutt'ora vengono identificati oltre 500 nuovi malati ogni giorno.
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Il numero di tamponi analizzati giornalmente invece ha continuato a crescere fino quasi a fine Aprile quando tutte e tre le regioni hanno raggiunto una sorta di plateau a diverse migliaia di tamponi effettuati al giorno.
Già a occhio questi dati dimostrano già la strategia di tracciamento aggressivo perseguita del Veneto che, pur avendo un numero di casi comparabile con l'Emilia-Romagna, ha sistematicamente analizzato altrettanti tamponi della Lombardia.
Per inciso, notiamo qui la prima rogna con i dati: il numero di tamponi dell'Emilia-Romagna ha subito una revisione a fine Marzo che crea una discesa anomala tra il 20 Marzo e il 1 Aprile. Correggere una anomalia del genere forse è possibile, ma è complicato, quindi per il momento ce la teniamo.
Il rapporto tra questi due dati è il nostro primo indicatore, che intendo monitorare per misurare l'efficacia delle politiche di test nel monitoraggio dei focolai attualmente attivi. Minore è il valore, espresso in percentuale, e maggiormente aggressiva è la politica di test. Un aumento della curva in breve tempo segnala l'espandersi dei focolai monitorati e dunque un possibile problema.
L'indice per le tre regioni racconta bene la storia che conosciamo.
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Nella prima fase dell'epidemia la Lombardia non era in grado di analizzare un elevato numero tamponi, e la percentuale di positivi individuati è cresciuta rapidamente dal 20% iniziale addirittura a quasi il 50% tra il 15 e il 20 Marzo in corrispondenza del picco della mortalità. Ogni due persone testate una risultava positiva, è ovvio che in questa fase la maggior parte dei positivi è sfuggita alle statistiche ufficiali.
A partire da fine Marzo le autorità sanitarie sono riuscite a testare abbastanza persone da ridurre la frazione di nuovi positivi fino all'attuale 5.7%.
L'Emilia-Romagna ha fatto marginalmente meglio testando quattro volte più persone di quelle che risultavano positive fino a inizio Aprile. Poi la curva è scesa un po' più rapidamente che in Lombardia, ossia stanno analizzando circa la metà dei tamponi, ma a fronte di una diffusione molto minore e in questo momento l'indicatore è al 2.5%.
Di contro i test realizzati in Veneto sono sempre stati estensivi e non hanno mai individuato più del 10% di casi positivi, e adesso viaggia intorno a 0.7% e in diminuzione.
Ripetiamo ancora: più bassa è la percentuale e maggiore è il numero di persone testate e che risultano negative, e quindi maggiore è la capacità di una regione di cercare e individuare i pazienti effettivamente contagiosi.
Una cosa abbastanza sorprendente è che l'andamento di questo indicatore per le varie regioni italiane sembra creare due gruppi, le regioni con una strategia simile alla Lombardia e quelle simile al Veneto.
Ad esempio le curve per Piemonte e Liguria sono appena sotto fino alla seconda metà di Marzo e poi seguono la curva lombarda in maniera piuttosto sorprendente. Entrambe chiudono meglio, intorno al 3.5%, dopo essersi staccate negli ultimi giorni.
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Le curve della provincia autonoma di Bolzano e delle regioni Friuli Venezia Giulia, Toscana e Lazio invece, dopo un po' di incertezze iniziali, seguono in maniera altrettanto impressionante la curva del Veneto. Tutte sotto l'1% ad eccezione del Lazio all'1.4%.
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La Valle d'Aosta e le Marche sembrano iniziare sulla curva della Lombardia per poi passare all'improvviso sulla curva del Veneto.
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Non sono a conoscenza di cambiamenti di strategia corrispondenti alle discontinuità e potrebbe anche trattarsi di anomalie dei dati. Se qualcuno avesse idee mi piacerebbe sentirle su Facebook.
Infine la provincia autonoma di Trento è l'unica altra zona colpita in maniera significativa che come l'Emilia-Romagna rimane un po' in mezzo fino a qualche giorno fa, quando sembra essere scesa sulla curva del Veneto.
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Bene, dopo aver fatto lo storico e essermi convinto che si riescono leggere messaggi utili da questo indicatore, passo a guardare il passato recente per le regioni più "calde".
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Tutte le curve che scendono in picchiata, Piemonte, Liguria, P.A. Trento, sono delle buone notizie perché significa che è sempre più difficile trovare delle persone positive al virus. Mentre Lombardia e Marche, anche se con valori molto diversi, sono entrambe fastidiosamente piatte, indicando che trovare pazienti positivi non sta diventando più difficile. Un brutto segno da continuare a monitorare.
Quello invece che sicuramente non è per niente positivo è il Molise.
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Per quanto il numero dei contagi totali sia ancora molto minori di tutte le altre regioni il rapporto tra nuovi casi e tamponi indica un possibile inizio di un nuovo focolaio.
Speravo di non avere un esempio di "cattive notizie" così presto, ma questo è esattamente il tipo di segnale che mi sarei aspettato da questo indicatore nel caso di un nuovo focolaio.
Ho in mente altri semplici indicatori che descriverò in seguito e inizierò a monitorare.
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